mercoledì 22 aprile 2009

Discorso del Presidente Ahmadinejad alla Seconda Conferenza di Durban sul Razzismo

Quello che segue è il discorso che il Presidente Iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha tenuto il 20 aprile alla conferenza sul razzismo Durban II, tenutasi a Ginevra.

"Signor Presidente, onorevole Segretario Generale delle Nazioni Unite, onorevole Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Signore e Signori:

Siamo qui riuniti per il proseguimento della conferenza di Durban contro il razzismo e la discriminazione razziale, per elaborare metodi pratici da adottare nelle nostre sacre campagne umanitarie.

Nel corso dei secoli trascorsi, l’umanità ha attraversato enormi sofferenze e dolori. Durante l’epoca medievale, filosofi e scienziati venivano condannati a morte. Poi seguì un periodo di schiavitù e di commercio degli schiavi. Milioni di persone innocenti vennero catturate, separate dalle loro famiglie, dai loro cari, per essere condotte in Europa e in America nelle condizioni peggiori. Si trattò di un periodo buio, fatto di occupazioni, saccheggi e massacri ai danni di quelle persone innocenti.

Dovettero passare molti anni perché le nazioni si risvegliassero per combattere in nome della loro libertà ed indipendenza, pagandole a caro prezzo. Milioni di vite andarono perse per cacciare gli occupanti e stabilire governi nazionali e indipendenti. Però i detentori del potere non impiegarono molto tempo ad imporre due guerre all’Europa, che afflissero anche parte dell’Asia e dell’Africa. Queste guerre orribili decimarono milioni e milioni di vite, lasciandosi dietro una massiccia devastazione. Fosse stata imparata la lezione impartita dalle occupazioni, dagli orrori e dai crimini di queste guerre, sarebbe spuntato un raggio di speranza per il futuro.

Le potenze vittoriose si atteggiarono a conquistatori del mondo, ignorando o calpestando i diritti delle altre nazioni attraverso l’imposizione di leggi oppressive e ordinamenti operanti a livello internazionale.

Signore e Signori, osserviamo dunque il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che è uno dei lasciti della Prima e della Seconda Guerra mondiale. Quale era la logica dietro la garanzia del diritto di veto per i suoi membri? Come può una tale logica soddisfare i valori spirituali e umanitari? Non parrebbe per niente conforme ai riconosciuti principi di giustizia, di eguaglianza davanti alla legge, dell’amore e della dignità umana? Non sembrerebbe piuttosto significare discriminazione, ingiustizia, violazione dei diritti umani o umiliazione della maggioranza delle nazioni e dei Paesi?

Il Consiglio è il più importante organismo mondiale in grado di decidere della sicurezza e della salvaguardia della pace internazionale. Come possiamo aspettarci la realizzazione della pace e della giustizia quando la discriminazione viene legalizzata e la fonte stessa del diritto è dominata dalla coercizione e dalla forza piuttosto che dalla giustizia e dal diritto?

La coercizione e l’arroganza sono l’origine dell’oppressione e delle guerre. Sebbene oggi molti fautori del razzismo condannano la discriminazione razziale a parole e negli slogan, un certo numero di Paesi potenti sono autorizzati a decidere in nome di altre nazioni sulla base dei loro propri interessi e a loro discrezione, potendo a loro volta violare facilmente tutte le leggi e i principii umanitari, come in effetti fanno.

A seguito della Seconda Guerra mondiale, hanno fatto ricorso all’aggressione militare per defraudare della terra un’intera nazione, avendo a pretesto la sofferenza degli Ebrei, ed hanno inviato immigrati dall’Europa, dagli Stati Uniti e da altre parti del mondo, con lo scopo di stabilire un governo completamente razzista nella Palestina occupata. E infatti, a compensazione delle spaventose conseguenze del razzismo europeo, essi hanno contribuito a portare al potere il più crudele e repressivo regime razzista in Palestina.

Il Consiglio di Sicurezza ha preso parte alla stabilizzazione del regime occupante, e l’ha sostenuto nei sessanta anni passati dandogli mano libera per commettere ogni sorta di atrocità. Ed è ancora più deplorevole che un certo numero di governi occidentali e degli Stati Uniti si sono impegnati a difendere quei razzisti autori del genocidio, mentre la coscienza lucida ed il libero pensiero delle persone sa condannare l’aggressione, le brutalità e i bombardamenti sui civili di Gaza. I sostenitori di Israele sono sempre stati complici o silenziosi di fronte ai crimini perpetrati.

Cari amici, eminenti delegati, Signore e Signori. Quali sono le cause profonde dell’ attacco statunitense all’Iraq o dell’invasione dell’Afghanistan?

C’è stata altra motivazione all’invasione dell’Iraq, oltre alla tracotanza della precedente amministrazione americana e alle crescenti pressioni da parte dei detentori di potere e ricchezza, intenzionati ad espandere la loro sfera di influenza, impegnati a rincorrere gli interessi dei giganti produttori di armi a danno di una nobile cultura con un bagaglio storico di migliaia di anni, e nello tempo tempo ad eliminare le minacce reali e potenziali al regime Sionista provenienti dai Paesi musulmani, conquistando il controllo e lo sfruttamento delle risorse energetiche del popolo iracheno?

Davvero, per quale ragione quasi un milione di persone è stato ucciso e ferito, e molti altri sono stati resi profughi? Perché il popolo iraniano ha dovuto soffrire perdite enormi, che ammontano a centinaia di miliardi di dollari? E perché i miliardi di dollari di queste azioni militari devono essere pagati dai cittadini americani? Non è vero che l’azione militare contro l’Iraq è stata pianificata dai Sionisti e dai loro alleati all’interno della precedente amministrazione statunitense con la complicità dei Paesi produttori di armi e dei detentori della ricchezza? E l’invasione dell’Afghanistan, ha forse ristabilito la pace, la sicurezza ed il benessere economico in quel Paese?

Gli Stati Uniti e i loro alleati non solo hanno fallito nel ridurre la produzione di oppio in Afghanistan, ma la sua coltivazione si è addirittura moltiplicata nel corso dell’occupazione. L’interrogativo fondamentale allora è – qual è stata la responsabilità e il ruolo svolto dall’amministrazione degli Stati Uniti e dei suoi alleati?

Erano lì in rappresentanza degli altri Paesi del mondo? Hanno ricevuto un mandato da essi? Sono stati autorizzati dai popoli del mondo ad interferire ovunque, e naturalmente soprattutto nella nostra regione? Oppure le iniziative intraprese sono un chiaro esempio di egocentrismo, di razzismo, di discriminazione o di violazione della dignità e dell’indipendenza delle nazioni?

Signore e Signori, chi è il responsabile dell’attuale crisi economica mondiale? Dove è cominciata? Dall’Africa, dall’Asia, o dagli Stati Uniti, per poi diffondersi attraverso l’Europa e i suoi alleati?
Per un lungo periodo di tempo, essi hanno imposto una regolamentazione economica iniqua, forti del loro potere politico. Hanno imposto un sistema finanziario e monetario privo di un appropriato meccanismo di controllo internazionale su nazioni e governi che non avevano alcuna parte negli orientamenti e nelle politiche di repressione. Non hanno neanche consentito ai loro cittadini di sorvegliare o monitorare le politiche finanziarie da loro adottate. Hanno introdotto una serie di leggi e regolamenti in spregio di qualsiasi valore morale, col solo obiettivo di difendere gli interessi dei possessori di ricchezza e dei detentori del potere.

Inoltre, hanno definito un concetto di economia di mercato e di competizione che ha negato molte opportunità economiche a disposizione di altri Paesi nel resto del mondo. Hanno persino affibbiato ad altri i loro problemi, mentre la crisi rimbalzava a ondate e affliggeva le loro economie con migliaia di miliardi di dollari di deficit di bilancio. E oggi pompano centinaia di miliardi di dollari di liquidi, presi dalle tasche dei loro cittadini e dalle altre nazioni, nelle banche che falliscono, nelle società e nelle istituzioni finanziarie, rendendo la situazione sempre più complicata sia per il sistema economico che per le persone. Sono semplicemente concentrati sul mantenimento del potere e delle risorse. Non potrebbe interessargli di meno dei loro cittadini, figuriamoci delle altre nazioni.

Signor Presidente, Signore e Signori, il Razzismo si sprigiona dalla mancanza di conoscenza del fondamento dell’esistenza dell’uomo come creatura prescelta da Dio. Rappresenta anche il prodotto della deviazione dal vero cammino della vita e dalle responsabilità dell’umanità nel mondo della creazione, laddove viene meno l’adorazione di Dio, e non si è più in grado di riflettere sulla filosofia della vita o sul cammino che conduce alla perfezione, gli ingredienti fondamentali dei valori divini e umani, per questa via restringendo l’orizzonte della visione dell’uomo e servendosi di interessi limitati e caduchi come parametro della sua azione. Questa è la causa per cui il potere maligno ha preso forma e ha accresciuto il suo regno di influenza, mentre altri venivano privati della possibilità di godere di eque e giuste opportunità di sviluppo.

Il risultato è stata la creazione di un razzismo a briglie sciolte, che pone le più gravi minacce alla pace internazionale, e che ostacola la strada alla costruzione di una coesistenza pacifica a livello globale. Certamente il razzismo è simbolo dell’ignoranza che ha radici profonde nella storia, e rappresenta, senza alcun dubbio, il segno della frustrazione nel progresso della società umana.

E’ dunque di importanza cruciale riconoscere le manifestazioni di razzismo nei singoli episodi e nelle società dove prevalgono ignoranza o difetto di conoscenza. Questa crescente consapevolezza generale e la comprensione della filosofia dell’esistenza dell’uomo sono lo strumento principale della battaglia contro le manifestazioni del razzismo, e rivelano la verità, secondo cui il genere umano si fonda sulla creazione dell’universo e la chiave per risolvere il problema del razzismo è costituito dal ritorno ai valori spirituali e morali e alla disposizione definitiva ad adorare Dio Onnipotente.

La comunità internazionale deve intraprendere iniziative collettive per risvegliare la consapevolezza nelle società afflitte, dove prevale tutt’ora l’ignoranza alla base del razzismo, così da arrestare la propagazione di queste manifestazioni maligne.

Cari Amici, oggi la comunità umana sta affrontando un genere di razzismo che sporca l’immagine del genere umano al principio del terzo millennio.

Il Sionismo Mondiale incarna quel razzismo che si affida falsamente alla religione e che abusa del sentimento religioso per celare il suo volto di infamia e di odio. Comunque, è di assoluta importanza portare allo scoperto gli obiettivi di alcuni dei poteri mondiali, e di quanti controllano enormi risorse economiche ed interessi a livello globale. Essi mobilitano tutte queste risorse, inclusa la loro influenza economica e politica sui media mondiali, per garantire un sostegno vano al regime Sionista e per sminuire colpevolmente l’indegnità e il disonore di questo regime.

Questa non è semplicemente una questione di ignoranza, e non si possono ridurre simili fenomeni a campagne di rappresentanza. Devono essere compiuti dei tentativi per porre fine all’abuso dei Sionisti e dei loro sostenitori politici internazionali, nel rispetto della volontà e delle aspirazioni di ciascuna nazione. I governi devono essere incoraggiati nelle loro battaglie volte a sradicare questo razzismo barbarico, e a procedere ad una riforma delle attuali procedure internazionali.

Non c’è dubbio che voi tutti siate consapevoli delle cospirazioni di alcuni poteri e dei circoli Sionisti, che sono in contrasto con gli scopi e gli obiettivi che si pone questa conferenza. Disgraziatamente, ci sono scritti e dichiarazioni a supporto dei Sionisti e dei loro crimini. Ed è dovere degli onorevoli rappresentanti delle nazioni svelare queste trame che procedono in senso opposto ai valori e ai principii umanitari.

Dovrebbe essere riconosciuto che boicottare una conferenza come questa, di straordinario livello internazionale, è un’indicazione evidente di supporto ad un esempio di razzismo manifesto. Nell’ambito della difesa dei diritti umani, è di prioritaria importanza difendere il diritto di tutte le nazioni ad un’equa partecipazione a tutti i processi di decisione internazionale, al riparo dell’influenza di certi poteri mondiali.

In secondo luogo, è necessario procedere ad una ristrutturazione delle organizzazioni internazionali esistenti e ai loro rispettivi ordinamenti. Ecco perché questa conferenza è un banco di prova, e l’opinione pubblica mondiale di oggi e di domani valuterà le nostre decisioni e le nostre azioni.

Signor Presidente, Signore e Signori, il mondo sta per affrontare fondamentali e rapidi cambiamenti. Le relazioni di potere sono diventate deboli e fragili. Il rumore delle crepe nei pilastri del sistema mondiale si può avvertire con chiarezza. Le più importanti strutture politiche ed economiche sono sull’orlo del collasso. All’orizzonte compaiono crisi politiche e di sicurezza. Il peggioramento della crisi economica, per cui non si riesce ad intravedere una prospettiva brillante, dimostra un’onda crescente di cambiamenti globali di lungo termine. Io ho ripetutamente enfatizzato la necessità di un cambiamento della direzione sbagliata verso cui il mondo è condotto oggi, e ho anche ammonito sulle funeste conseguenze in caso di ritardo di fronte a questa responsabilità cruciale.

Ora, nel corso di questo notevole evento, vorrei annunciare a tutti i leaders, agli intellettuali, alle nazioni del mondo presenti a questo incontro e a tutti coloro che aspirano alla pace e al benessere economico, che l’iniqua gestione economica del mondo è giunta al capolinea. Lo stallo era inevitabile, data la logica oppressiva e impositiva della gestione.

La logica di una gestione collettiva degli affari del mondo si basa su aspirazioni nobili, a loro volta imperniate sugli esseri umani e la supremazia di Dio l’Onnipotente. Perciò rifiuta qualunque politica o progetto che va contro l’influenza delle nazioni. La vittoria del bene sul male e la fondazione di un sistema mondiale giusto sono state promesse dall’Onnipotente e dai suoi messaggeri, ed è stato un obiettivo condiviso degli esseri umani appartenenti alle più diverse società nel corso della storia. La realizzazione di un simile futuro dipende dalla conoscenza della creazione e dalla fede.

La creazione di una società globale è infatti la realizzazione di un obiettivo nobile, raggiunto dalla costituzione di un sistema comune retto dalla partecipazione di tutte le nazioni del mondo a tutti i principali processi di decisione, e aderendo senza indugio a questo obiettivo.

Le capacità tecniche e scientifiche, così come la tecnologia delle comunicazioni, hanno reso possibile una comprensione comune e diffusa della società, e hanno reso disponibile la necessaria piattaforma per un comune sistema. Ora sta agli intellettuali, ai filosofi, ai politici adempiere alla loro responsabilità storica, credendo fermamente a questa idea.

Voglio anche porre l’accento sulla circostanza che il liberalismo ed il capitalismo occidentali hanno raggiunto il loro punto terminale anche in virtù della mancata percezione della verità relativa al mondo e agli esseri umani, per ciò che realmente sono.

Essi hanno imposto i loro propri obiettivi e la loro guida agli esseri umani, senza riguardo alcuno per i valori umani e divini, la giustizia, la libertà, l’amore e la fratellanza, ma vivendo esclusivamente in funzione di una competizione esasperata, e sull’assicurazione di interessi individuali e di gruppo di natura materiale.

Adesso dobbiamo imparare dal passato intraprendendo sforzi collettivi per affrontare le sfide presenti, ed a questo proposito, e a chiusura del mio intervento, vorrei attirare la vostra attenzione sui due aspetti importanti:

Primo, è assolutamente possibile migliorare la situazione esistente al mondo. Ma ciò può essere fatto solo attraverso la cooperazione di tutti i Paesi, in modo da sfruttare al meglio le potenzialità e le risorse esistenti. La mia partecipazione a questa conferenza è motivata proprio dalla convinzione in questa soluzione, e nella nostra comune responsabilità nella difesa dei diritti delle nazioni, di fronte alle sinistre manifestazioni del razzismo e schierandoci al vostro fianco, i filosofi del mondo.

Secondo, tenendo presente l’inefficienza degli attuali sistemi politici, economici e di sicurezza internazionali, è necessario concentrarsi sui valori umanitari e della fede, facendo costante riferimento alla vera definizione di esseri umani, che si basa sulla giustizia e sul rispetto dei diritti di tutti i popoli di tutti i luoghi del mondo, e riconoscendo gli errori trascorsi nella passata amministrazione fondata sul dominio, così da adottare misure collettive per riformare gli ordinamenti esistenti.

In questo senso, è di importanza cruciale una rapida riforma del Consiglio di Sicurezza, compresa l’eliminazione di un diritto di veto discriminatorio, ed il cambiamento dei sistemi finanziari e monetari mondiali.

E’ chiaro che sottovalutare l’urgenza del cambiamento equivale a sopportare costi di ritardo ancora più gravi.

Cari Amici, siate consapevoli che il movimento in direzione della giustizia e della dignità umana è come lo scorrere veloce di un fiume. Facciamo in modo di non dimenticare l’essenza dell’amore e dell’affetto. Il promesso futuro degli esseri umani è una ricchezza enorme che può servire i nostri propositi di costruire un mondo nuovo restando uniti.
Per fare del mondo un luogo migliore, colmo di amore e di benedizione, un mondo senza povertà né odio, benedetto dai crescenti doni di Dio l’Onnipotente e da una virtuosa condotta del perfetto essere umano, stringiamoci le mani in amicizia, per il raggiungimento di un simile nuovo mondo.

Ringrazio il Signor Presidente, il Segretario Generale e tutti gli illustri partecipanti per aver avuto la pazienza di ascoltarmi. Grazie di cuore."

lunedì 20 aprile 2009

venerdì 3 aprile 2009

Perché la crisi Usa è una crisi sistemica (ottobre 2008)

[questo è un pezzo scritto nell'ormai lontano ottobre 2008, quindi alcune cose sono cambiate, ma l'impianto è stato confermato dagli eventi successivi, mi pare]


Dal 15 settembre 2008 i problemi della finanza americana sono divenuti evidenti anche agli spettatori più distratti con il crollo spettacolare della investment bank di Lehman Brothers, seguito immediatamente dalle crisi di AIG, Merryil Lynch, Morgan Stanley...e una serie di interventi da parte dell’autorità statale crescenti fino alla approvazione, implorata da Bush, da parte del Congresso di un immenso piano di bail out, ossia di “pagamento del riscatto” che muoverà cifre vicine a mille miliardi di dollari (detto in una valuta ancora a noi familiare: circa due milioni di miliardi di lire) e sulla cui efficacia molti economisti (e contribuenti americani) hanno espresso fondati dubbi.

Nel rumore di fondo fra veline, Alitalia e il calcio, dal nostro Paese è molto difficile discernere bene la situazione. Di volta in volta vediamo attacchi al sistema Usa “troppo sfrenato” o alle banche predatrici, o tentativi sfacciati di liquidare il tutto come una delle solite fasi cicliche, cui seguirà una rapida ripresa, il tutto condito da illustri rassicurazioni sulle garanzie offerte dal nostro sistema bancario rispetto alle regolazioni dei sistemi anglosassoni (nessuno già più ricorda che al tempo della vicenda Fazio-Bankitalia gli elogi erano nella direzione opposta, o i vari scandali finanziari italiani, come Parmalat, Cirio solo per gli ultimi anni).
Escludendo da un’analisi la televisione, costitutivamente portata a superficialità di temi e logiche di fazione (le tristissime scene di politici italiani che cercano, in tutta incompetenza, di trarre acqua al proprio mulino, mentre è tutta la cittadella occidentale ad andare a fuoco), e limitandoci ai giornali, solo pochissimi sono in grado di proporre una qualche analisi significativa e non puramente di sbigottimento da sen di poi.
Costante è però l’assenza di una visione complessiva e meditata dei fattori alla base della crisi, che sono più d’uno, diversi fra loro ma concatenati: di volta in volta infatti le soluzioni proposte riguardano solo sulle cause più evidenti, sugli aspetti più macroscopici che in realtà sono a loro volta effetti di fenomeni sottostanti.
Un intervento condotto su queste basi può cercare di affrontare il problema hic et nunc dell’immensa quantità di debiti che grava sul sistema, ma non impedisce che tale questione si ripresenti a breve, di fronte a casse nazionali e private già stremate.
In ordine di “celebrità” possiamo mettere in fila i diversi elementi che ci hanno portato a questo dissesto:

1. L’AVIDITA’ DEI BANCHIERI

Nel titolo di questo paragrafo si sarebbe potuto precisare “banchieri (Usa)”, poiché è solo verso di loro che si è rivolta per ora una universale riprovazione, specialmente levata dalle poltrone delle cancellerie e delle istituzioni finanziarie del Vecchio Continente, “così diverse dalle sregolate banche Usa”. In realtà credo che ben presto chi leggerà questo articolo sarà già furente e sdegnato anche verso i nostri banchieri: circa cinque giorni dopo aver deprecato gli eventi settembrini in Usa, lo stesso ministro tedesco ha dovuto firmare il salvataggio del gruppo Hypo per 35 miliardi di euro, che ha a sua volta inguaiato la nostra Unicredit, il Belgio ha potuto salvare il gruppo Fortis solo con l’aiuto congiunto di Olanda e Lussemburgo, e un articolo del Financial Times ha rilevato come il leverage dei maggiori gruppi bancari europei (l’”effetto leva”, ossia i soldi prestati ma che non si avevano in cassa) è ben più alto di quello delle banche Usa già saltate. Pare che infatti che le famose “severe legislazioni” Ue (in particolare Basilea 2) consentano però di superare largamente gli stretti requisiti sul capitale dietro stipula di assicurazioni a garanzia dei crediti ed effettuate perlopiù...con la americana AIG! Senza il salvataggio da parte del Tesoro Usa, la garanzia sarebbe venuta completamente a mancare, creando una pericolosa esposizione e necessità di trovare il nuovo capitale necessario per rientrare nei parametri.
Le banche svolgono un ruolo indispensabile nella nostra società, smuovendo i capitali inerti per investirli contribuendo allo sviluppo, come nel caso della nascita di nuove aziende e acquisto di nuove case, e l’effetto leva ne è un esempio, in un sistema commerciale e monetario basato comunque sulla fiducia.
Il problema in questo caso è stato un apparentemente inspiegabile impulso a prestare danaro a chi non l’avrebbe potuto restituire, un comportamento che parrebbe insensato ai più. Ciò sia con la concessione di mutui “sub-prime” (termine che indica la classificazione di grave rischio per il prestatore), con ipoteca sulla casa basata sulle valutazioni “dopate” dalla bolla immobiliare, che hanno causato la crisi attuale, sia con il martellante e pervasivo sistema delle carte di credito, anch’esso prossimo al collasso, situazione già evidenziata per gli Usa nel 2006 dal documentario “In debt we trust” del giornalista investigativo Danny Schechter.
Ma per quale ragione i banchieri “regalano danaro”?
Ebbene innanzitutto per il ricordato “effetto leva”, prestano normalmente danaro in quantità maggiore di quello che hanno in deposito (altrimenti il meccanismo di prestito sarebbe paralizzato: ora però qui si parla di 30 a 1, 60 a 1...).
In secondo luogo, su quel prestito lucreranno gli interessi, per un tempo che potrebbe essere anche molto lungo, se non indefinito, e che mette il debitore in una posizione esposta ai mille trabocchetti di una controparte ben più forte e preparata: ad esempio, per le carte di credito in Usa, anche piccoli ritardi sui versamenti portano a letali moltiplicazioni degli interessi, per cui sfruttando le disattenzioni dei titolari li si pone nella frustrante situazione da paese del Terzo Mondo, costretti a pagare cifre crescenti per anni senza mai intaccare il vero debito.
Inoltre le banche in caso di mancata restituzione acquistano la proprietà del bene dato in garanzia: bisogna dire che ciò sarà un ghiotto boccone nel caso di attività commerciali o fabbriche, meno gradito forse per le abitazioni, con un valore delle case che in Usa, dopo anni in cui era schizzato alle stelle (boom che permetteva di ottenere grassi prestiti dietro ipoteca), sta precipitando, e data la peculiare struttura in legno (quindi una natura sostanzialmente deperibile) della maggior parte delle villette americane che dovranno rimanere vuote per molto tempo.
Ma questi punti sono parte della tradizionale dinamica fra banca “tentacolare” e debitore da sempre, li ritroviamo nelle trame dei romanzi ottocenteschi e via via risalendo nei secoli nella tradizionale diffidenza e ostilità verso la figura necessaria ma “scomoda”del banchiere, di cui ha fatto le spese il popolo ebreo fin dal Medioevo; la novità degli ultimi anni è stata l’introduzione di un ulteriore stimolo per le banche a “regalare denaro”.
Le banche infatti sono riuscite a tramutare il rischio che si erano consapevolmente assunte in fonte di enormi guadagni: un’enorme massa di titoli finanziari basati in tutto o in parte sulla riscossione di quei crediti sono stati immessi sul mercato, i “derivati”. Prodotti assai complessi e dalle molteplici denominazioni, di cui l’investitore non coglieva gli aspetti minacciosi (si stava accollando il pericolo di una mancata restituzione) ma solo i succulenti alti tassi di interesse: struttura ora maledetta da molti risparmiatori rovinati, ma che ne ha decretato un notevole successo nonché una certa fama snob di punta di lancia della nuova e sbarazzina “finanza creativa”.
Tali prodotti ora definiti “tossici”, perché celano il nulla (i soldi dei mutui non torneranno indietro), sono stati ceduti e acquistati da banche e istituzioni finanziarie di tutto il mondo: in Europa e in Italia sono stati proposti con grave colpa (se non rapace dolo) anche a piccoli risparmiatori come brillante mezzo d’investimento dei propri risparmi, ben più moderno dei banali titoli di stato. Non è da escludersi che, valutando ex post come sospetta la pressante premura, evidente a chiunque avesse rapporti bancari, nel consigliare certi investimenti negli ultimi tempi, le banche abbiano realizzato ciò che stava accadendo in Usa e abbiano cercato di scaricare rapidamente al “parco buoi” (così Enrico Cuccia chiamava gli ignari risparmiatori) una patata diventata bollente, come già avvenuto pochi anni fa con i titoli argentini da parte delle banche europee e italiane (in questi giorni tanto decantate per onestà e trasparenza).
I facili e rapidi guadagni hanno creato un incentivo poderoso ad inventare e vendere nuovi derivati sempre più articolati, in cui l’obbligazione sottostante era solo una parte del prodotto e così meno riconoscibile, in una serie di passaggi di mano che i manager erano incoraggiati ad incrementare per staccare più ricchi bonus. L’effetto è stato un risultato simile a quello di un ristoratore che mescoli con abilità cibo avariato a cibo buono: gli avventori mangeranno felici per il guadagno dato da un prezzo particolarmente (e forse sinistramente) conveniente, e aumenteranno di numero fino a quando si scoprirà la verità...e nessuno più si arrischierà di ordinare alcunché (e magari il cuoco spregiudicato finirà in galera). Galera esclusa (al massimo qualche linciaggio, forse fra qualche tempo) è ciò che sta accadendo sui mercati finanziari. Nessuno sa più cosa sia buono e cosa no, nè quanto le altre banche o imprese abbiano mangiato di marcio: nessuno si fida più, dal piccolo al grande, ed ecco la paralisi del credito fra banche, ma anche del credito alle imprese, un poderoso ostacolo a investimenti, acquisizioni e tutte le operazioni che richiedono passaggi bancari.
Un elemento di ulteriore inquietudine, non solo economica ma geopolitica, al di là delle vicende individuali dei risparmi europei volatilizzati, è che molta parte dei finanziamenti giunti alle banche Usa in difficoltà già da anni sono di fondi sovrani, ossia entità che gestiscono patrimoni nazionali di Stati emergenti quali Paesi Arabi e soprattutto la Cina, per la quale un tracollo del mercato statunitense, suo più importante cliente, sarebbe un notevole guaio. Tali fondi, avendo molta liquidità disponibile, ora sono di fatto entrati nelle sale dei bottoni della finanza americana, ma devono pur sempre rispondere alle esigenze dello Stato che li controlla, intenti non necessariamente coincidenti con le logiche di mercato né con gli interessi del mondo occidentale.


2 LA FALLITA REGOLAZIONE


E’ innegabile che il primo crack è stato quello delle Authority: enti indipendenti preposti a funzioni di sorveglianza, con poteri sempre più ampi quanto clamorosamente inefficaci nel prevenire la crisi. Per ora, e si ripete per ora, possiamo puntare il dito solo contro i guardiani statunitensi, l’autorità monetaria e l’autorità finanziaria. Hanno permesso che il costo del denaro fosse basso (favorendo il meccanismo di credito facile che ha incoraggiato ad accendere mutui a rischio) e hanno permesso che si creassero attraverso fusioni dei gruppi interbancari giganteschi (in Europa in diversi casi dalle dimensioni superiori alle possibilità di salvataggio degli Stati in cui hanno sede), non hanno mai posto controlli più pregnanti su ciò che facevano le banche d’affari.
Un atteggiamento giustiziero deve però tener conto della difficile e per certi versi impotente posizione di tecnici e politici nei confronti dell’opinione pubblica e del big business: gli ultimi 20 anni sono stati un crescendo di benessere inaudito con un’economia e finanza ruggenti ed osannate. Ogni tentativo di imbrigliarle con lacci regolatori sarebbe stato certamente incompreso e osteggiato non solo dagli operatori di Wall Street, ma anche dai Venerati Maestri delle università e dall’”uomo a passeggio per High Street”, ossia l’uomo comune ed elettore.
Per alcuni aspetti inoltre è stato l’intervento politico più che la deregulation a fare danni: una forte distorsione del mercato immobiliare statunitense è avvenuta proprio a causa della presenza di Fannie Freddie e Fannie Mac, due fondi governativi che hanno prestato mutui favorevoli alle classi più povere fino a svuotare le loro casse, fortemente voluti dai Democratici fin dalla presidenza Clinton (quindi non è “tutta colpa di Bush”), con l’aggiunta di diversi provvedimenti che imponevano alle banche di abbassare le garanzie richieste per la concessione dei prestiti per la casa.
E in Europa? Attendiamo, ma da anni i principi contabili internazionali sono modellati su quelli in uso nel mondo anglosassone, considerati più affidabili di quelli continentali, quindi tali errori di valutazione compiuti laggiù non ci fanno ben sperare.
In ogni caso, ogni discussione sulle possibili future regolazioni dovrà tener presente che un sistema di regole fisse sarà sempre vulnerabile da parte dello sfuggente mondo della finanza, che può mettere in campo risorse e teste ben più agguerrite dei singoli stati, e badando al momento contingente, non si può dimenticare che i buoi sono già scappati, e che è già entrata in circolo una enorme e ancora non ben delineata massa di debito (per ora conosciamo, parzialmente, solo cifre strettamente legate ai mutui non ripagati; ben poco sulla più vasta estensione dei derivati, delle falle delle carte di credito, etc). Va data priorità a questo problema, semplicemente perché non ci potrebbe essere nulla da regolare dopo che esso ha colato a picco il sistema.


3. LA PRECARIZZAZIONE E I MUTUI SUBPRIME


I primi due punti qui illustrati non portano nulla di nuovo a quello che dovrebbe essere chiaro per un qualsiasi lettore dei quotidiani: le banche hanno prestato a chi non poteva restituire, per lucrare sulla vendita di prodotti collegati che hanno creato una voragine finanziaria mondiale, e le autorità non hanno vigilato, punto.
Una domanda non viene mai posta: ma perché in Usa così tanta gente ha fatto ricorso a prestiti?
Al crollo di Lehman Brothers, ci si poteva attendere una “run on the bank” simile a quella del ’29, con file di risparmiatori ansiosi di ritirare i loro depositi in tempo prima del default totale: invece, nessuna scena del genere in tutta la nazione. Una risposta molto semplice può essere ipotizzata sulla base dei dati bancari: gli americani non sono corsi alle banche perché là non hanno alcunché da ritirare, i risparmi sono tutti esauriti da tempo.
Pur con alti tassi di occupazione, i posti di lavoro in Usa sono pienamente rispondenti alle leggi di mercato, ossia precari. Facile essere licenziati, ma facile essere riassunti dalle altre aziende, sorte come funghi proprio grazie alla legislazione che tende ad assecondare al massimo gli “animal spirits” degli imprenditori: tale meccanismo ha però retto solo nella realtà ideale di qualche accademico.
Non si era tenuto conto dell’impatto della delocalizzazione di interi settori dell’economia verso paesi a basso costo quali Cina e Messico; si sono sopravvalutate le possibilità di riqualificazione di lavoratori manuali, magari abili ed appassionati del loro lavoro, nel riconvertirsi prontamente in altri settori economici. E’ molto difficile che cambi strutturali quali quelli richiesti si possano svolgere in poco tempo.
E’ un fenomeno che in Italia è stato possibile osservare solo negli ultimi tempi: il passaggio da un’economia di produzione ad un’economia di consumo. Il fulcro passa dalla fabbrica al centro commerciale, dai settori primario e secondario ad un sistema che tenta di imperniarsi solo sui servizi. Di fronte alla chiusura delle attività manifatturiere e al dettaglio, oltre alle corazzate (spesso gruppi stranieri) dello shopping le uniche nuove aperture sembrano essere tutte di agenzie viaggio, agenzie immobiliari e filiali di banche.
La precarizzazione da una parte rende difficile accumulare capitale per affrontare le grosse spese della vita, d’altra parte rende impossibile l’erogazione di prestiti bancari con l’utilizzo dei tradizionali stretti requisiti e garanzie. Le banche avrebbero potuto prestare a ben poche persone, andando così contro la loro stessa essenza, suscitando l’ira dei loro consigli d’amministrazione, e una larga fascia di popolazione, non necessariamente classificata fra le classi povere, con una base lavorativa instabile non avrebbe mai potuto ottenere mutui per la casa, scuola o sanità, e ciò avrebbe avuto ricadute sull’economia individuale ma anche collettiva, poiché quei soggetti sono anche consumatori di beni.
Si sottovaluta questa componente alla base della crisi: noi come occidentali siamo diventati più poveri, mentre godevamo di un benessere senza precedenti. E ciò è stato possibile solo grazie al massiccio ricorso al Debito.


4. CONSUMISMO

Infine, il punto che a mio avviso più solleva un interrogativo sulle possibilità di tenuta del nostro sistema è: ma che fine ha fatto il denaro dato in prestito ai singoli americani? Una possibilità, seppur bassa, di restituzione c’era pur sempre, ma ben pochi l’hanno fatto. Perché?
La risposta è: spesi in stronzate.
Ciò perché gli occidentali in genere sono seriamente lesi nella loro capacità di discernimento di ciò che è indispensabile o no, in quanto bersaglio inconsapevole di una martellante e studiata serie di messaggi che invitano a vivere la propria vita, a non rinunciare a nulla, insomma a spendere.
La pubblicità è l’anima del commercio, si diceva, ma quando i beni commerciati sono sempre più superflui allora l’invito a spendere si farà via via più subdolo e diabolicamente accurato, somme enormi saranno spese per spot di pochi minuti e indagini di mercato, in quanto sarà più difficile convincere il consumatore a spendere per ciò di cui ha ben poco bisogno.
In questo modo la capacità dei singoli di stabilire le corrette priorità è stata molto offuscata. Un buon esempio: quando pian piano ci si rende conto che la liquidità scarseggia, l’occidentale tende per prima cosa, istintivamente (ma è un “istinto” artificiale) a tagliare sul cibo! Notizie recenti vedono una grande crescita dei discount alimentari, con annesso aumento di obesità per la pessima qualità spesso offerta, e una crescente rabbia popolare fomentata dagli organi di stampa contro l’aumento del pane del 5% (effetto sulle casse familiari: +20 euro l’anno)...nessuno mai realizza che forse sono le centinaia di euro per l’abbonamento satellitare (che sfrutterà pochissimo, visto che gli orari lavorativi tendono ad espandersi a dismisura, modo meccanico per aumentare la produttività) o il cellulare pieno di gadget inutili ma cambiato ogni tre mesi ad incidere sul bilancio personale!

giovedì 2 aprile 2009

La crisi del Credito- sottotitoli italiani

placida serie di slide che spiega approfonditamente i meccanismi del dissesto creditizio.
mancano degli aspetti forse, però è ben fatto.



La Crisi Del Credito - con sottotitoli in italiano from Oreste Attanasio on Vimeo.